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“B-Side: l’altro lato delle canzoni- Inverno”: intervista a Doriana Tozzi

B-Side: l’altro lato delle canzoni- Inverno” è il secondo volume (il primo è B-Side: l’altro lato delle canzoni, Autunno) di una splendida tetralogia scritta dall’abile penna di Doriana Tozzi.

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Il libro ci trasporta in un mondo in cui i testi e i personaggi delle più note canzoni del panorama musicale italiano prendono vita e si trasformano in racconti che, proprio come le canzoni, sanno farci emozionare e riflettere. E’ un libro che diventa simbolo di come la musica la letteratura possano insieme lavorare ad uno scopo e diventare un tutt’uno al fine di trasmettere un messaggio che arrivi potentemente dritto al cuore di chi legge. E’ un libro che dà tanto e che consiglio davvero di leggere.

Ecco qui di seguito l’intervista per conoscere meglio questa straordinaria scrittrice.

Sei direttrice di “I Think Magazine”, scrivi per “Rock- It”, “Rumore” e “L’isola che non c’era”. Come è nata la passione per la scrittura?

Sembrerà banale la mia risposta ma la passione per la scrittura l’ho sempre avuta, pensa che ai tempi della scuola elementare mi divertivo spesso a inserire praticamente dei temi di italiano all’interno dei compiti di matematica! Hai presente i classici problemi tipo “Mario ha 10 biscotti, ne mangia 3. Quanti biscotti gli rimangono?”, ecco: a partire da questo io prima raccontavo tutta la storia di Mario, ovviamente inventandola, e poi rispondevo alla domanda matematica. Era più forte di me.

Il libro è imperniato su un’idea originalissima e brillante: l’idea che ci sia un mondo parallelo in cui le canzoni prendono vita. Come è nata questa storia?

La musica prende vita nella mia mente praticamente da sempre. Non credo di essere l’unica, comunque, a immaginare quello che accade nelle canzoni, delineando quindi i volti dei personaggi, le strade o le case in cui si muovono e tutti gli altri dettagli che fanno diventare quella canzone un piccolo “film” immaginario. Secondo me viene spontaneo a molti. Semplicemente ho pensato di inventare un modo per “tenere insieme” tutte queste storie che germogliano naturalmente da un seme musicale e farne un mondo a parte. Un po’ come Michael Ende con il regno di Fantàsia, solo che in questo caso la fantasia è generata dalla musica.

La musica sembra essere dunque centrale nella tua vita. Qual è il tuo rapporto con essa?

Sì, decisamente lo è. Ho sempre avuto un rapporto molto intenso con la musica, già molto prima di cominciare a lavorare come giornalista musicale. Quando avevo 2 o 3 anni, ovvero quel periodo in cui i bambini hanno le batterie che non si scaricano mai e gli adulti non sanno come avere un po’ di tregua, i miei si sono accorti che mettendomi sulla poltrona con le cuffie e un bel disco sul giradischi mi calmavo subito e loro riuscivano addirittura a riposare! In quegli anni alcuni cugini più grandi cominciarono anche a registrarmi delle cassette con i loro artisti preferiti e per me erano un regalo più bello dei giocattoli.

Poi a 6 anni ho cominciato a studiare pianoforte nella scuola di musica del mio paese. Dall’adolescenza in poi, inoltre, ho sempre avuto un disco per ogni stato d’animo: quello per enfatizzare un momento di felicità, per sfogare la rabbia, per esorcizzare la tristezza, per fermarmi a riflettere… Insomma la musica è da sempre parte integrante della mia vita, fondamentale come mangiare, bere o respirare.

Hai unito sapientemente due linguaggi artistici differenti. Musica e letteratura. Il tuo lavoro rispecchia in un qualche modo la linea del mio blog in questo. Che valore ha per te la sinestesia tra le arti? Cosa ti ha portata verso la scelta di un percorso di questo tipo?

Ciascuna arte ha il proprio linguaggio e le proprie caratteristiche che la conducono alla mente e al cuore tramite percorsi e mezzi differenti: la musica viaggia attraverso i suoni, le arti visive attraverso le immagini e i colori, la letteratura attraverso le parole… Per questo secondo me la sinestesia tra arti diverse è utile non solo a valorizzare e marcare i singoli messaggi di ciascuna di esse ma anche a far arrivare in maniera più diretta e completa i messaggi stessi.

Non dico che si debba per forza ambire agli alti livelli della cosiddetta “opera d’arte totale” di Wagner ma anche un semplice videoclip musicale può essere un ottimo esempio di traduzione o enfatizzazione della musica in immagini. Nel mio caso la speranza è quella di avvicinare maggiormente il pubblico degli insaziabili ascoltatori di musica al mondo della lettura e viceversa: il pubblico dei voraci lettori a generi musicali che magari non sono tra i loro ascolti quotidiani.

Il tuo stile leggero, divertente ma al contempo fluido e ben scritto è notevole. Chi sono i tuoi punti di riferimento in letteratura?

Ti ringrazio per le belle parole. Nel caso di questi primi due volumi posso dire che, avendo sempre meno tempo di quanto ne vorrei, ho dovuto cavalcare l’istinto scrivendo di getto e occupandomi delle revisioni senza troppi fronzoli, per cui ho badato principalmente a evocare e trasmettere tramite i racconti le emozioni e le suggestioni delle singole canzoni. Può darsi però che inconsciamente qualcuno dei miei autori preferiti sia venuto a galla qua e là. Per farti qualche nome, comunque, posso dirti che le stelle del mio firmamento letterario sono Irvine Welsh, Chuck Palahniuk (ecco, lui per esempio è proprio citato diverse volte, anche con riferimenti più o meno espliciti ai suoi libri), William Burroughs e tutta la beat generation, Kurt Vonnegut, Bret Easton Ellis, Bukowski ed Edgar Allan Poe ma anche, tra gli autori italiani, Marco Philopat e Andrea De Carlo.

Attraverso i racconti affronti temi importanti, sei capace di far riflettere pagina dopo pagina in un flusso continuo di pensieri. Sono riflessioni che hai fatto grazie alle canzoni a cui ti sei ispirata, o sono riflessioni alle quali eri già giunta o, ancora, che ti sono venute successivamente, nel corso della stesura dei racconti?

Nei racconti spesso si trovano parti dei testi delle canzoni a cui sono ispirati, per cui sono sempre riflessioni maturate dall’ascolto. Come avrai notato, però, non sempre i temi sono quelli che verrebbe spontaneo associare alla determinata canzone, questo perché il mio tentativo è proprio quello di sperimentare le diverse strade concettuali che si possono sviluppare da un’unica opera sottolineandone non solo le diverse possibili chiavi di lettura ma anche la inconfutabile soggettività dell’arte.

Gli spunti di riflessione sono molteplici. Qual è il messaggio che più di tutti ritieni sia importante che arrivi al cuore dei lettori?

Non c’è per me un messaggio più importante degli altri, se non forse quello che è alla base di tutti, ovvero l’importanza della libertà, che si declina in diversi modi nei vari racconti: dalla libertà di avere il proprio credo alla libertà di amare chi si vuole, dal bisogno di liberarsi da situazioni di violenza fino al bisogno di liberarsi dall’alienante società dei consumi, eccetera. Visto che di vita ne abbiamo una sola (almeno per ciò che ci è dato sapere) non ha senso viverla se non da uomini liberi, liberi da qualunque tipo di catena possa esistere, soprattutto quelle più subdole e camuffate da “normalità”. Sì, sono dell’acquario se stavi per chiedermelo.

Il libro è ben farcito di visioni oniriche per comprendere e sfuggire la realtà “inscatolata dai dogmi”. Qual è il significato che dobbiamo cogliere leggendo quei passaggi? La speranza è solo una visione illusoria?

Per questo secondo volume, “Inverno”, ho voluto utilizzare la metafora del sogno per cercar di evocare la voglia di introspezione che accomuna questa stagione alla musica dei cantautori, cui questo volume è dedicato. Così come il rigido clima invernale accresce, infatti, la voglia di restare al caldo nei luoghi chiusi, allo stesso modo la musica dei cantautori riflette, a mio avviso, la voglia di restare al caldo dentro se stessi, dunque una ricerca di intimità e, come dicevo prima, di introspezione.

Questo spiega le visioni oniriche, alcune più surreali e altre più realistiche, perché l’intero libro è un vero e proprio sogno, il sogno del personaggio principale che, trovandosi in un momento particolare della propria vita, con l’aiuto della musica e dei personaggi delle canzoni che ambientano i singoli appartamenti del palazzo immaginario in cui avviene la vicenda, cerca di ritrovarsi e, ancora una volta, liberarsi. La chiave di lettura quindi è che la musica può salvarci, poiché attraverso le riflessioni generate da essa possiamo capire dove stiamo sbagliando, cosa vogliamo davvero e addirittura come raggiungere il nostro obiettivo, come avviene al personaggio principale del libro.

Il messaggio dell’urgente bisogno di un repentino cambiamento è evidente. Credi che l’arte abbia il potere di cambiare davvero la società e il destino del pianeta?

Il destino del pianeta non è necessariamente legato al nostro, nel senso che possiamo tranquillamente estinguerci come i dinosauri ma il mondo andrà avanti, anzi è probabile che senza la razza umana andrebbe avanti anche molto meglio. In merito alla società, invece, essa è fatta di individui, quindi il potere che ha l’arte è quello di cambiare o meglio ancora di orientare il pensiero di ciascuno di noi.

Questa non è una mia supposizione, anzi già i filosofi greci avevano notato come un certo tipo di musica accresceva sentimenti e dunque azioni positive e un altro tipo di musica sentimenti e azioni negative, peculiarità che poi è stata ed è ancora oggi utilizzata in diversi modi, da quelli a scopo terapeutico e benefico della musicoterapia o delle meditazioni spirituali fino agli scopi manipolatori delle dittature (sia quelle “dichiarate” che quelle “camuffate”). Quindi io credo che l’arte possa certamente cambiarci come singoli e quindi di conseguenza siamo noi ad avere la possibilità di cambiare la società, in un modo o nell’altro.

Un consiglio per tutti coloro che vogliano intraprendere il tuo percorso e abbiano nel cassetto un’idea da trasformare in libro.

Partire da una buona idea è fondamentale se si vuole avere più chances di essere notati dai lettori e prima ancora dalle case editrici, ma naturalmente le idee non bastano per portare a termine un’intera opera. Il consiglio principale che mi sento di dare a chiunque voglia scrivere un libro è quindi prima di tutto quello di leggere, leggere e ancora leggere, tantissimo. Instancabilmente, ossessivamente, compulsivamente e fortissimamente. Inoltre, a meno che non si voglia scrivere per se stessi, come sfogo personale o come hobby, è importante che la scrittura venga inserita nella quotidianità, nell’orario che ci è più comodo e per il tempo che riusciamo a ritagliarci in mezzo agli altri duemila impegni della giornata, ma dobbiamo scrivere sempre, ogni giorno, perché le idee vanno costantemente coltivate o rischiano di spegnersi lasciandoci con un nulla di fatto.

E poi, altra cosa fondamentale: oltre a leggere gli altri bisogna rileggere sempre più volte quello che abbiamo scritto noi stessi. Leggere e rileggere ogni pagina fino alla nausea perché nonostante tutto, credetemi, può sempre sfuggire qualche refuso o peggio ancora potremmo lasciare invariato un periodo che non funziona e non riesce a esprimere il nostro concetto. Una volta convinti del risultato finale, poi, consiglio di rivolgersi a dei beta reader di fiducia che possano dare un parere esterno da lettori “professionisti” prima di far circolare il manoscritto tra le case editrici o, in alternativa, pubblicarlo in self publishing (ma quest’ultima è un’arma a doppio taglio quindi va sempre valutata con molta attenzione).

Se volete recuperare il primo volume della tetralogia:

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Giulia Scialò

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