Numa e i numeri a caso: ph credits by Seitutto Press
Interviste/Recensioni

Dalla “band di Piazza Trilussa” alle “chiacchiere da bar”: intervista a “Numa e i numeri a caso”

I Numa e i numeri a caso sono una band folk-rock romana formatasi nel 2014 che si è rapidamente affermata nel panorama musicale nazionale. L’originalità della band e il loro eccezionale carisma hanno permesso al gruppo di farsi conoscere e farsi apprezzare da un pubblico sempre più vasto.

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La svolta, per la band, arriva con la pandemia, quando molti locali chiudono o non sono più attrezzati per ospitare musica. Da quel momento Numa e i Numeri a Caso si riversano in strada e diventano un progetto folk simbolo di Piazza Trilussa nel quartiere Trastevere di Roma, raccontando storie di vita quotidiana. E’ difatti proprio nel 2020 che la band acquisisce la sua peculiare sonorità arrivando alla formazione definitiva con l’ingresso della sezione Keyboard/Fisarmonica, che porterà alla costruzione del primo album “Chiacchiere da Bar”. Gli ultimi 2 anni sono stati caratterizzati da una numerosa serie di concerti per strada, principalmente a Roma, in formazione acustica: Cajon, Violino,Fisarmonica, Chitarra, Basso elettrico.

Chiacchiere da bar

Dopo vari singoli, prevalentemente pop usciti a cavallo fra il 2019 e 2021, la band arriva ad incidere un disco che portai segni di due anni passati al buio. Anni senza mettere piede in un club, dove l’unica certezza è stata quella di poter suonare per strada, abbracciando quelle sonorità folk, ideali per la musica di strada.

Il disco “chiacchiere da bar” rappresenta, come asserisce il cantante Numa, “Una luce soffusa accesa nella notte, l’unico bar rimasto aperto. Da qui passano personaggi di ogni tipo, si ascoltano racconti veri o falsi, di politica, di storia, di vita quotidiana. Io sono il barista che vi fa compagnia e che troverete sempre qui, per quattro chiacchiere, un bicchiere, una poesia”.

E’ disponibile dal 31 ottobre il pre-order del vinile del primo album della band Numa e i numeri a caso che per mesi ha animato il Rione Trastevere a Roma. Entro dicembre Chiacchiere da Bar diventerà inoltre uno spettacolo teatrale che prevedei n aggiunta ai brani della tracklist degli sketch musicati e momenti di commedia dai risvolti inaspettati.

Potete ascoltare e seguire Numa e i numeri a caso su:

Instagram, Facebook e Spotify.

In collaborazione con l’etichetta discografica Seitutto Press, che trovate anche su Instagram e Facebook.

Come nasce la passione per la musica per Numa?

Mi definisco più uno scrittore che non musicista. Per quanto poi l’equilibrio delle giuste parole e la giusta musica è importante per fare in modo che ne esca una canzone che regga a livello concreto. Però più che passione l’ho sempre vista come un’esigenza… Di comunicare.

Come e quando si forma la band?

A fine elementari, io scrivevo delle pseudo poesie, Rino aveva da poco iniziato a studiare chitarra. Cominciammo così, io e lui per gioco. Si aggiunse poi Freddo (basso) nostro compagno di classe, che si vide convinto di fare qualcosa che riempisse i nostri pomeriggi.

Al paese girava voce che ci fosse il figlio di un batterista che stava imparando a “suonare” con il padre. Si aggiunse così Vong (batteria).

Mettemmo su un quartetto, molto improvvisato. Si provava nelle cantine o mia o di Vong. Ricordo ancora il naso che colava e il fumo che usciva dalla bocca per il freddo, mentre preparavamo i “concerti” che avremmo fatto in quei locali poco fortunati, che ci avevano invitato a suonare. Noi però ci credevamo davvero già dai tempi.

A quel punto sentivamo che qualcosa non andava (fosse stata solo una) , quindi contattammo Spillo che è il più piccolo tra tutti ma che sapevamo essere un polistrumentista, infatti suonò ogni cosa; dalla chitarra alle tastiere fino ad arrivare allo strumento suo per eccellenza, con cui si è laureato, il violino.

A questo punto la domanda, le tastiere ora chi le suona? Semplice… Spirometrino, che è l’ultimo arrivato, ma che forse, c’è sempre stato. Oggi abbiamo tutti fatto anni di studi, ognuno nel suo settore e abbiamo alle spalle già quasi 10 anni di concerti. La gente che ci ha conosciuto all’inizio quando ci sente suonare ora fatica a credere che siamo noi.

Quali sono i vostri artisti di maggiore ispirazione?

Essendo sei persone diverse abbiamo sì degli interessi simili ma fortunatamente anche diversi. Poi nella composizione ognuno prova a metterci del suo. Io per esempio ho letto e studiato se non tutti i cantautori italiani, quasi, anche quelli più di “nicchia”. È importante, partire da una base solida, conoscere chi c’è stato prima, imparare le regole per poterne uscirne fuori.

Raccontateci del caso di piazza trilussa: cosa successe e come si è risolto? Siete riusciti a tornare a suonare per strada? Quale pensate sia la problematica principale per cui vi è accaduto questo e quale credete sia la via da seguire per far sì che non accada di nuovo?

Quella di piazza Trilussa è una storia bella, che parla di musica e della gente e della magia della strada, ma con un brutto finale. Inseguendo una vocazione che ci lega fortemente all’arte di strada, abbiamo testato nel tempo varie zone della capitale, ma l’unica adatta alla formazione della band si è rivelata piazza Trilussa.

Ci siamo quindi iscritti all’Albo artisti di strada: tutti avevamo i regolari permessi per esibirci in quella zona.

Affermarci lì non è stato facile: tra la durezza della strada, e un contesto irregolare e violento di piccoli artisti e “personaggi” che da anni occupavano la piazza come proprio territorio (che ci è valso, tra l’altro, anche alcune minacce). Piazza Trilussa è stata una conquista: nel corso di un paio d’anni siamo gradualmente diventati un simbolo ed un appuntamento. Eravamo “la band di piazza Trilussa“, ed ogni nostro concerto era una festa in cui i vecchi e i poveri ballavano coi bambini e coi turisti di passaggio, nel buonsenso generale di etnie che si mescolano.

La scorsa estate, dopo circa due mesi di assenza, siamo tornati nella nostra piazza col solito entusiasmo, ma non sapevamo che quel concerto sarebbe stato l’ultimo. A seguito di una segnalazione, i vigili hanno interrotto l’esibizione e ci hanno imposto una sanzione dell’ordine di 100-150€ a testa, per un totale di 700€.

Premetto che nulla abbiamo da biasimare ai vigili, che hanno fatto il proprio lavoro: i motivi della multa, per quanto ridicoli a sentirsi, fanno tutti parte effettiva del regolamento vigente a Roma per gli artisti di strada.

Avevamo i permessi, sì (diversamente da tanti nostri “colleghi” lì in piazza), ma eravamo in 6, ed una band di musicisti di strada può essere composta al massimo da 5 membri. Il motivo è ignoto, ma questo dice la legge.

Avevamo i permessi ma eravamo amplificati: un cantante che si esibisce in una piazza affollata senza microfono poteva forse aver senso nell’800, sotto il nome di “urlatore”, ma nel 2022 a Roma questa sembra ancora l’unica opzione.

Avevamo i permessi per esibirci a piazza Trilussa, ma in una specifica postazione: che avremmo rispettato, se ci fosse stata rilasciata l’apposita planimetria, senza la quale ci siamo basati sulla postazione occupata dagli altri artisti della piazza. Siamo risultati invece colpevoli di eccessiva vicinanza ad un monumento, che con l’arte e la gioia della gente abbiamo forse insozzato, vandalizzato più di quanto non avvenga ogni singola notte, quando le gradinate della piazza vengono usate da centinaia di persone come seduta per ubriacarsi.

I vigili noi non li abbiamo biasimati, e quella cifra, inaccettabile per sei ragazzi che vivono di musica, l’abbiamo pagata coi concerti fatti in seguito nei locali. Dato che ne stiamo parlando, mi piacerebbe chiedere però: secondo quale logica noi stavamo compiendo un crimine? È giusto pensare che si debba aver paura a suonare la chitarra, ad accrescere la bellezza di una delle più belle piazze di Roma, sostituendo arte e gioia al degrado, valorizzandola anche a livello turistico?

È giusto rispettare la legge quanto è giusto rivederla agli occhi dei tempi nuovi, e soprattutto di quanto dicono la logica e la coscienza. Certi regolamenti, dunque, andrebbero sia aggiornati che “livellati”. Come già accade in altri comuni d’Italia, il procedimento per esibirsi in strada regolarmente dovrebbe essere snello, chiaro e basato su dati misurabili. Smettendo per esempio di vietare, senza discrimine e contro qualsiasi logica, “l’amplificazione”; e stabilendo un limite specifico d’impatto sonoro, misurabile con apposita attrezzatura dai vigili di controllo.

Essendo antiquato, illogico e fatto di definizioni vaghe, affidate all’interpretazione del singolo, questo regolamento così com’è finisce per diventare iniquo.

Ed è anche contro questo punto che vorrei espormi: o a tutti o a nessuno. Artisti che si esibivano nella stessa postazione, amplificati e “chissà con quali permessi” , continuano indisturbati a fare il proprio lavoro. Forse perché noi, che la legge la rispettavamo e che 700€ col nostro sudore e il sacrificio delle nostre famiglie in qualche modo potevamo trovarli, eravamo gli unici che era possibile colpire.

Saremo sempre gli ultimi a chiedere che altri vengano puniti, il discorso è diverso: chiediamo che la legge sia sinonimo di giustizia. Richiesta che è diritto e forse dovere di qualsiasi cittadino.

Che questi regolamenti siano aggiornati, oppure, se vogliamo considerarli validi, che siano applicati per tutti: che sia punito chi suona la chitarra per far ballare i bambini, che si avvicinino le divise quando si sentono battere la mani. Che a Roma regni il silenzio.

E se è così, chiedo scusa: mi scuso se la band “Nùma e i numeri a caso” è risultata una minaccia. Se abbiamo messo a rischio l’ordine pubblico, la serenità e la sicurezza dei cittadini romani, e di chiunque abbia cantato e ballato ai nostri concerti.

Un video recente realizzato sulle note di “Maddalè” racconta la storia di piazza Trilussa, la magia di quelle sere trasteverine: così tutti avranno la prova del nostro reato!

Prima qualcuno moriva urlando “viva la libertá”, ora si vive vedendo morire la propria libertà.

Video: https://youtu.be/RgY06KraUig

Come nasce l’idea del vostro ultimo album “chiacchiere da bar” e quali sono le tematiche trattate?

Frequentando i bar, mi sono accorto che erano veri e proprio micro cosmi, con i suoi abitanti, i personaggi fissi. Ho iniziato quindi a raccontare quello che vedevo, ma poi mi sono chiesto, cos’è il bar? Una piccola riproduzione della società, dopo la famiglia, forse la prima forma di società con cui ci rapportiamo.

Le persone vengono e raccontano le loro piccole problematiche che avrebbero spesso bisogno di piccole soluzioni ma che unite diventano le grandi problematiche di stato a cui a volte non si trova soluzione.

Se partissimo quindi zoommando dall’alto sul mondo poi sull’Italia, poi in una regione, poi una città o un paese arriveremmo al Bar, alla radice, a dove parte tutto. La forma più piccola di mondo. Questo perché per risolvere o capire il grande penso sia necessario partire dal piccolo, siamo contro la guerra e poi la facciamo al vicino. Facciamo tutti parte del cosmo, per quanto ognuno di noi è un cosmo.

Le tematiche sono quelle che si leggono spesso sul giornale, affrontate con sottile profonda ironia. Alla fine pure quelle sono chiacchiere da Bar, un bar solo un po’ più grande.

Numa e i numeri a caso: ph credits by Seitutto Press

Perché la volontà di stampare il vinile dell’album?

Ti basta sentirne il suono del vinile mentre gira, per capire che si tratta di un’altra dimensione. È l’arte che viene impressa nell’arte. Il vinile è un opera artigianale che si aggiunge alla mia opera, di cui tu sei possessore. È tuo. Ed è qualcosa che rimane, nel tempo ed ha un altro tipo di valore, di sapore. È come avere a casa un quadro di Magritte anziché il poster del quadro di Magritte.

Qual è il significato dell’effetto randomico del vinile, del fatto cioè che ogni acquirente abbia tra le mani un pezzo originale e unico esteticamente parlando?

Significa dare originalità ad una copia, che nulla avrebbe di diverso da un’ altra copia. Vuol dire avere “questo” disco anziché “il” disco. E oltre a essere più belli alcuni vinili suonano anche meglio; è fisica, è vita.

Chiacchiere da bar diventerà presto uno spettacolo teatrale: raccontateci di questa interessante scelta. Come sarà strutturato lo spettacolo e cosa dobbiamo aspettarci?

Il progetto dello spettacolo “Chiacchiere da bar” nasce dal desiderio di unire l’uscita dell’album con l’arte teatrale, altra passione che ho seguito per anni e nella quale mi sono formato di recente. Le sonorità, le atmosfere ed i temi dell’album si prestavano spontaneamente ad una messinscena, ad avere una forma e una cornice teatrale. Così è iniziato un processo di drammaturgia collettiva – testo, azione fisica e musica originale insieme – che ha dato pian piano vita a questo lavoro di Teatro Canzone. Non un musical, bensì un “collage” di scene a cui si alternano le canzoni dell’album eseguite dal vivo. Sketch comici, passaggi poetici e simbolici, scene di movimento su musica. Il tutto nella cornice di un vecchio bar coi suoi abitanti tipici. Il bar, con le sue storie e le sue lezioni, coi suoi vizi e le sue virtù, è al centro del significato dello spettacolo così come dell’album.

Quali sono i vostri progetti futuri?

Nel futuro progettiamo soprattutto molti live e spettacoli. Questa nuova forma di Teatro/Canzone ne sarà protagonista. Penso che sentirete ancora un po’ parlare di quest’Album per un po’.

È in cantiere anche un eventuale “prossimo” . Con i Nùmeri a caso siamo in ancora viaggio, verso la ricerca di sperimentazione, di diversità sonore. Quando atterreremo avremo di certo un nuovo disco in mano, e magari lo chiameremo proprio disco volante.

Comunque, come direbbe il buon Vong “Nuove Vibes” per continuare la festa appena iniziata!

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Giulia Scialò

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