
Wilhelm Furtwängler: servo del Terzo Reich o ribelle in patria?
C’è una storia che vorrei portare alla luce più di quanto sia stato fatto. una storia che forse ancora non ha ricevuto totalmente la giustizia che merita. E’ la storia del celebre direttore d’orchestra Wilhelm Furtwängler.
Forse Fabrizo de Andrè la definirebbe “una storia sbagliata”. E forse lo è per cosa ne è rimasto nella comune memoria. Ma se in giorni come questo è importante parlare di memoria, allora voglio farlo cercando di ricordare chi era davvero. Cercando, nel mio piccolo, di far apparire “sbagliata” non già la sua storia, ma la nostra: la storia del mero giudizio a priori.
Wilhelm Furtwängler è un volto che purtroppo facilmente si associa al nazismo e al regime di Hitler. La sua è una delle storie più dibattute e controverse del panorama musicale e difatti il suo personaggio e il suo vissuto hanno fatto non poco discutere.
Cosa successe? Wilhelm fu uno dei pochissimi musicisti a rimanere in Germania durante il regime. Perché in tanti lo condannano per questo? Perché rimanere a volte può significare sostenere. Ma la linea di confine tra rimanere tacendo e rimanere combattendo non è poi così trasparente e sebbene le polemiche si scatenarono senza freni, oggi possiamo affermare che Furtwängler appartiene alla seconda categoria. Qual è il motivo di una diatriba che ancora oggi persiste e ci confonde? Dove è il giusto, ecco ciò che ancora ci si chiede; la definizione di coraggio, ecco dove risiede il dubbio.
Se c’è una certezza in questa storia, è che Furtwängler non solo non aderì mai al partito, ma ne prese le distanze in modo molto evidente ed esplicito. Fin da quando Hitler venne nominato Cancelliere della Germania, il prodigioso direttore lo criticò aspramente dichiarando, nel 1932, che “Questo venditore ambulante sibilante non arriverà mai da nessuna parte in Germania”.
Un artista apolitico che combatte con la musica

Oltre alla totale sfiducia nei confronti di Hitler, Furtwängler non ammetteva in alcun modo l’ideologia razzista, che anzi egli definiva totalmente in contraddizione con la vera cultura tedesca. Autori come Schiller, Goethe e Beethoven non potrebbero essere più lontani dalle politiche del regime. E questo Wilhelm lo ribadisce più volte.
Perché sceglie di rimanere in un paese soggiogato da un’ideologia abominevole e aberrante? Perché ama incredibilmente la sua patria e la sua famiglia. Non avrebbe mai potuto lasciare per sempre tutto ciò che rappresentava il suo mondo. Inoltre, scriveva così nel 1936: “vivere oggi è più che mai una questione di coraggio”. Ecco dunque che appare chiaro il progetto di Furtwängler di tentare di cambiare le cose con la sola forza della musica.
Si prodigò senza paura in un’opera davvero memorabile e ammirevole: fortemente convinto di poter avere, essendo considerato “tesoro nazionale”, una forte influenza positiva, tentò in innumerevoli modi di fermare la politica razziale. Non solo invitava continuamente celebri musicisti ebrei e antifascisti ad esibirsi sotto la sua direzione (Yehudi Menuhin , Artur Schnabel e Pablo Casals e molti atri) ma addirittura riuscì a salvare la vita di molti di loro.
Una testimonianza di ciò ci giunge da Paul Heizberg, ex regista d’opera, il quale dichiara: “Se sono vivo oggi, lo devo a questo grande uomo. Furtwängler ha aiutato e protetto un gran numero di musicisti ebrei e questo atteggiamento mostra molto coraggio poiché lo ha fatto sotto gli occhi dei nazisti, nella stessa Germania.”
E quando, dopo aver proposto a Hitler un elenco di musicisti ebrei di notevole spessore- tra i quali ricordiamo Schoenberg, Sachs, Carle Flesch– al fine di farli rimanere in Germania e fermare così la politica antisemita, Hitler rispose infuriandosi duramente, Furtwängler dichiarò di aver finalmente compreso cosa ci fosse dietro l’ottusità di un uomo come Hitler: “Questo non è solo antisemitismo, ma il rifiuto di qualsiasi forma di pensiero artistico, filosofico, il rifiuto di ogni forma di libertà e di cultura…”
Possiamo così comprendere il valore inestimabile di quest’uomo. Possiamo comprendere il coraggio di un artista che ha lottato sempre per rendere il suo paese un posto migliore. Che ha scelto di non abbandonare tutto, di non abbandonare il suo popolo condannandolo a un mondo senza musica.
Goebbels, uno dei politici e giornalisti più fedeli a Hitler, nonché Ministro di Propaganda del Terzo Reich, propose a Furtwängler di riconoscere ufficialmente e pubblicamente Hitler come responsabile della politica culturale. Furtwängler accettò per mera questione di logica: Hitler era un dittatore e perciò controllava tutto nel paese. Ma nell’accettare tale accordo Furtwängler dichiarò altresì di non volere avere niente a che fare con la politica: sarebbe stato, come sempre, un artista apolitico, senza alcuna posizione ufficiale.
Quindi venne effettivamente stabilito un accordo. Ed è forse proprio questo che in tanti ancora rimproverano al celebre direttore. Poiché in molti interpretarono tale gesto come una rinuncia alla lotta e una resa a tutti gli effetti. In realtà Wilhelm Furtwängler, come abbiamo asserito sopra, non ha mai rinunciato a ciò in cui credeva: la musica e la cultura che rendono liberi.
La lettera di protesta

Quando nel 1949 la Chicago Symphony Orchestra propose a Wilhelm Furtwängler la posizione di direttore principale, egli accettò immediatamente. La guerra era finita; la sua missione conclusa.
Ma accadde in quei giorni una cosa che rimarrà nella storia: alcuni musicisti di enorme rilievo nel panorama internazionale si unirono e scrissero una lettera al fine di boicottare il direttore tedesco e impedire così che potesse accettare l’impiego con la Chicago Symphony Orchestra. L’orchestra effettivamente fu costretta a revocare l’offerta.
La lettera venne firmata da molti musicisti tra cui Arturo Toscanini, George Szell, Vladimir Horowitz, Arthur Rubinstein, Isaac Stern e Alexander Brailowsky. Il motivo per cui si riteneva opportuno impedire a Furtwängler di poter accettare l’incarico era legato naturalmente al fatto che durante il regime nazista il direttore aveva scelto di rimanere in Germania. E ciò fu visto come un vero e proprio delitto. Horowitz, ad esempio, sostenne che era “pronto a perdonare i piccoli avannotti che non avevano altra alternativa che rimanere e lavorare in Germania, ma Furtwängler è stato fuori dal Paese in diverse occasioni e avrebbe potuto scegliere di starne fuori“. Anche Rubinstein si pronunciò a riguardo: “Se Furtwängler fosse stato fermo nelle sue convinzioni democratiche, avrebbe lasciato la Germania“.
Il fulcro della diversa visione di questi artisti si può circoscrivere a un dialogo tra Toscanini e Furtwängler: Toscanini lo accusò sostenendo: “So benissimo che non sei un membro del Partito. So anche che hai aiutato i tuoi amici ebrei […] Ma tutti quelli che conducono nel Terzo Reich sono nazisti“. Furtwängler invece negò e diede una spiegazione del suo operato ben differente: “Con questo, tu implichi che l’arte e la musica sono solo propaganda, un falso fronte, per così dire, per qualsiasi governo che sia al potere. Se un governo nazista è al potere, allora, come un direttore d’orchestra, io sono un nazista; sotto i comunisti sarei un comunista; sotto i democratici, un democratico … No, mille volte no! La musica appartiene a un mondo diverso, ed è al di sopra degli eventi politici casuali “.
Il celebre illustre Yehudi Menuhin fu forse una delle personalità che più di tutte difese Furtwängler. Spesso si dichiarò sconvolto da questa continua opera di boicottaggio da parte di terzi nei confronti del grande direttore. In sua difesa inviò infatti un telegramma al generale Robert A. McClure (il quale aveva condannato Furtwängler), nel 1946:
“A meno che tu non abbia prove incriminanti segrete contro Furtwängler a sostegno della tua accusa di essere uno strumento del partito nazista, ti prego di sollevare violentemente la tua decisione di bandirlo. L’uomo non è mai stato un membro del partito. In numerose occasioni, ha rischiato la propria sicurezza e reputazione per proteggere amici e colleghi. Non credere che il solo fatto di restare nel proprio paese sia sufficiente per condannare un uomo. Al contrario, come militare, sapresti che rimanere al proprio posto spesso richiede più coraggio che scappare. Ha salvato, e per questo siamo profondamente suoi debitori, la parte migliore della sua cultura tedesca … Credo che sia palesemente ingiusto e molto codardo da parte nostra fare.“
Riflessioni
Dove è il giusto in questa storia? Da quale parte dimora la ragione?
Allontanarsi per dimostrare e denunciare in una muta protesta l’orrore che si sta consumando inesorabilmente, e perciò dissociarsi totalmente anche per mezzo di una concreta azione fisica, o rimanere provando a lottare e a contrastare, rischiando la vita, il disastroso corso di una vergognosa ideologia?
Essere, o non essere, qui sta il problema:
cos’è più degno?
Patire gli strali, i colpi di balestra
d’una fortuna oltraggiosa
o prender armi contro un mare di affanni e, contrastandoli,
por fine a tutto?
Amleto- Shakespeare
Il dubbio è lecito ed è lecito uno scontro di idee. Ma rimane la certezza che il direttore Wilhelm Furtwängler non può in alcun modo essere associato alle atrocità del nazismo.
Rimane la certezza che ricordare il suo nome e la sua storia è fondamentale e quanto mai necessario.
Forse Furtwängler aveva capito l’importanza della memoria e non voleva privare il popolo tedesco della possibilità di conservare almeno uno sprazzo di un buon ricordo: la sua musica.
Giulia Scialò
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